EUGEN GOMRINGER E LA POESIA CONCRETA
Dalla rubrica di poesia “Hanrahan il Rosso” pubblicata sul sito di Varini Publishing (cortesia dell’editore)
Ancora il Brasile. Ma non è una considerazione sul ritorno degli Emergenti, questa, quanto più sulla spinta innovatrice della Periferia, quella con la P maiuscola, da cui sempre, nella storia, arrivano gli stravolgimenti più inaspettati, le forze più fresche, le intelligenze più curiose. Il Centro, il Cuore, tende a chiudersi su se stesso, a sguazzare nei propri successi e nelle proprie regole, e a un certo punto smette di immaginare, di svilupparsi, di creare cose nuove. E la Periferia, dopo un tempo di fascinazione e di imitazione, riprende le strade sue proprie, segue le sue correnti interne, “per dire cose vecchie con un vestito nuovo” direbbe Guccini, e dando vita inaspettatamente a un nuovo modo di vedere le cose che, inevitabilmente, finisce per contaminare anche il Centro.
Il Brasile è così. Dopo essere stato uno dei motori del Modernismo letterario sudamericano (iniziato dal nicaraguense Rubén Darío nel 1888) con la “Semana de Arte Moderna” (Settimana di Arte Moderna) del 1922 a San Paolo, che fece scoprire al mondo (forse un po’ distratto) la potenza innovatrice della poesia lusitano-iberica dell’emisfero Australe, torna ad essere protagonista alla fine degli Anni ’50 e per tutti gli Anni ’60 con il movimento della Poesia Concreta.
Il movimento viene creato, promosso, ideato da uno svizzero-boliviano, Eugen Gomringer (1925-vivente), che funge da ponte tra la cultura tedesca e quella sudamericana grazie al fatto di essere nato in una piccola ma ricca città amazzonica, Cachuela Esperanza, fondata da un industriale boliviano (“il re della gomma”) come luogo di villeggiatura esclusivo per ricchi.
Il primo mattone del movimento concretista è la raccolta di Gomringen “Costellazioni” (“konstellationen constellations constelaciones”) del 1953. Già nel titolo originale si scorge il carattere principale del concretismo, l’internazionalismo, ma anche l’abbandono da parte di Eugen del termine “poesia” a favore di quello di “costellazione”.
Nel giro di pochi anni, infatti, “comunità” concretiste nascono in tutto il mondo, dando un forte segnale che il momento era fecondo, che la Poesia Concreta era ormai un necessità. La pubblicità, i media, lo strutturalismo in linguistica, le arti visuali, xxxxxxxxxx , tutte queste correnti devono trovare uno sfogo e al tempo stesso una sintesi. E per molti artisti questa sintesi è la Poesia Concreta, punto di partenza che porterà, insieme ad altri, alle attuali arti tecnologiche e multimediali per la sua attenzione al supporto e alle componenti del testo (lettere, parole, grafica, spazio) piuttosto che al contenuto in sé.
Quasi contemporanei di Gomringen sono i poeti brasiliani Decio Pignatari, i fratelli Augusto e Haroldo de Campos (fondatori del gruppo Noigandres ), Ronaldo Azeredo, José Lino Grünewald, oltre agli europei di lingua tedesca Gomringer, Franz Mon, Gerhard Rühm, Max Bense, Claus Bremer e l’italiano Carlo Belloli, ma anche lo scozzese Ian Finlay, il giapponese Yasuo Fujitomi, il francese Pierre Garnier, il messicano Mathias Goeritz, lo scrittore e uomo politico cecoslovacco Václav Havel e tanti altri, di cui resta meritevole traccia nel numero unico monografico della rivista “Modulo”, pubblicata nel 1967 dal poeta italiano Arrigo Lora Totino e oggi considerata la prima e una delle migliori antologie in circolazione di Poesia Concreta (scaricabile per intero qui: www.archiviomauriziospatola.com), oltre che essere un vero e proprio manifesto teorico del concretismo.
Ma quali sono i caratteri salienti della Poesia Concreta? La filosofia che la supporta è complessa e verbosa, ma il senso è che il testo viene considerato e smembrato nelle sue componenti, che diventano mattoni con cui costruire un meta-linguaggio nuovo, anche attraverso la statistica e la matematica. La poesia non deve essere letta come una poesia classica, riga per riga, parola per parola, ma la disposizione nello spazio di lettere, parole e segni, e l’eventuale assenza di essi, sono il canale di comunicazione attraverso cui dovrebbe giungere il messaggio poetico. Tra gli altri, il richiamo al metodo ideogrammatico di Ezra Pound, l’accostamenti di segni diversi e non legati per dare vita a un messaggio inedito che emerga dalla combinazione.
“Si tratta di una poesia che non riproduce il senso semantico ed il senso estetico dei suoi elementi (…) ma gioca su nessi visivi e di superficie”, scrive Max Bense su “Modulo”. Ciò che conta, quindi, è “l’intreccio di questi elementi nella percezione”. La parola scritta non porta solo un contenuto ma veicola messaggi figurati.
Un po’ come accade nella pubblicità, da cui questo tipo di poesia è influenzata e che influenzerà massicciamente.
Ma se, secondo Gomringer, le lingue parlate si semplificano progressivamente per giungere alla massima concisione e semplicità, la poesia non ne risente, perché “concentrazione e semplicità sono l’anima della poesia” e lingua e poesia “oggi si alimentano scambievolmente”. “Il nuovo poema dunque – sottolinea – si presenta nella sua totalità e nelle sue singole parti come una scrittura semplice e dominabile a prima vista. Diviene oggetto visivo, pratico: pensiero oggettivato – gioco del pensiero”. E come oggetto visivo, ecco entrare in campo la costellazione: “La costellazione – scrive ancora Gomringer – è il più semplice modello visivo di poesia costruita sulla parola: comprende un gruppo di parole come una costellazione un gruppo di stelle”. ”Con la costellazione qualcosa è introdotto nel mondo. Essa è una realtà in se stessa e non un poema che parla di… La costellazione è un mezzo di pressione”.
La nuova poesia è quindi un “oggetto di uso”, concreta.
Il mondo concretista e i suoi sviluppi sono ricchissimi di suggestioni. Per trovarne qualche esperienza visuale basta andare su Google e inserire “poesia concreta” in “immagini”, ma per comprendere i motivi delle scelte grafico-visuali la lettura di “Modulo”, per quanto ostica, è necessaria.