MAESTRO, MAESTRO
Maestro, maestro
cos’è questo vento fresco che spazza le colline d’erba
questa tavola piatta di roccia dura
questo mare gelido di onde alte e rabbiose come lupi
questo oro
potente
capace di evocare spettri d’amore e angosce disperate
da farne silenzio eterno?
Quale elisir potrebbe darci il tuo mago per guarire dal tormento
per estirpare la bestia che ringhia
per fare frasi più corte
andare di più
perdonare?
Maestro, magister ludi
che ancora ricordi,
Tìtiro,
a fatica tieni i tuoi cani legati
i tuoi ricordi legati
le tue
i tuoi dolori legati
le mani bruciano alle corde ruvide e tese
e cosa,
ti domandi, cosa
ti costringe a tenerli stretti stretti stretti
che non c’è sofferenza né pena
ma sai
che tutto è cambiato
che quei capelli ricci e quegli occhi marroni
e quel pigiamino largo
ti hanno stregato
per sempre.
Oh non che questo abbia esaurito la polvere magica
ma certo ha fatto diventare i sorrisi
un altro tuo cuore.
Polvere che vola su di te
alla ricerca del pugno
del coltello
conficcato.
Quante chiacchere, forse tu lo dici meglio,
ma non sei che immagini
e non sorrisi
non sorrisi.