POESIA COSMISTA
Il comunismo, in particolare quello sovietico, viene quasi esclusivamente associato ai concetti di laicità e di scienza dell’uomo per l’uomo. Nell’arte, in particolare, il capillare controllo del partito su tutte le manifestazoni artistiche “degenerate” (considerate cioè emanazione della borghesia, giustificazioni dell’oppressione delle classi “parassite” sui lavoratori), da una parte, e l’entusiastica adesione di una nuova generazione di artisti ai nuovi modelli ideali marxiani, marxisti e leninisti, dall’altra, porta a sviluppare filosofie e concetti artistici idealmente al completo servizio di operai e contadini, con intenti didattico-formativi verso il nuovo “verbo rivelato” e verso le nuove possibilità che si dischiudono loro davanti in tutti gli aspetti della vita quotidiana, nel lavoro, nella costruzione di una nuova società socialista, nella famiglia, nel rapporto con i non-comunisti.
L’adesione al Futurismo italiano di alcuni intellettuali russi avviene in era pre-sovietica, a partire dal 1911-12, cioè alcuni anni prima del 1918, anno della Rivoluzione d’Ottobre, negli periodo finale dello zarismo. Nel 1914 Filippo Tommaso Marinetti, estensore del Manifesto Futurista, è in Russia e in pochi anni artisti di tutti i campi aderiscono alla nuova corrente. Tra questi Larionov, Majakovskij, la Goncharova. Il Futurismo russo, pacifista, si estinguerà con la rivoluzione, ma sarà uno dei traghetti della società artistica russa verso le innovazioni europee, in particolare di quelle provenienti da Parigi.
Più longeva del Futurismo, però, è in quegli stessi anni che si sviluppa in Russia la corrente del Costruttivismo, in reazione ai Parnassiani francesi che ricercavano l’arte per l’arte, astratta dal mondo, senza interesse per la realtà o la società. Al contrario, il Costruttivismo di Rodcenko vuole programmaticamente avere un impatto sulla realtà e aiutare la società a crescere; dai primi Anni ’20 trova linfa nel movimento comunista, proletario, bolscevico, e viceversa. I Costruttivisti si mettono al servizio della Rivoluzione, collaborano con i dirigenti del partito, coinvolgono il popolo nella realizzazione delle opere. Questo approccio avrà poi larga diffusione in Germania a partire dagli anni della Repubblica di Weimar.
Il Realismo Socialista – 1934
Lo sviluppo di queste pulsioni all’eliminazione delle barriere tra arte e popolo e alla distruzione dell’intellettuale come categoria sociale e ideale (intesa appunto come categoria distinta dal popolo, separata, distante) , dal 1934 prenderanno infine la forma tanto potente quanto cristallizzata del Realismo Socialista, movimento totalizzante e inizialmente espressione di un interiorizzato e condiviso totalitarismo. Il Partito elimina ogni forma d’arte e di espressione che non sia di esaltazione del comunismo, della suo essere espressione di un popolo produttore, unito, deciso a riprendere il suo posto nella storia, esportatore di civiltà proletaria, rivoluzionaria e rinnovatrice.
Non bisogna però pensare che il Realismo Socialista sia stato un movimento “imposto dall’alto” ed eterodiretto. In realtà, un’intera generazione di artisti, pittori, cineasti, scrittori, poeti, esplose letteralmente al grido del socialismo, avendo vissuto fino ad allora immersi nella sofferenza e nella povertà della servitù della gleba, dei contadini e di un nascente ploretariato industriale senza diritti né opportunità, pur intuendone la potenziale irrefrenabile energia costruttrice, schiacciata sotto il tallone da un retrivo zarismo e da una classe di privilegiati aristocratici e altoborghesi latifondisti. In questa visione – e senza intuire la devastante violenza fisica e ideologica successiva che impervereserà dalla fine del periodo leninista, per tutto il periodo stalinista e fino all’epoca breshneviana – l’entusiasmo nel vedere un intero popolo rialzare la testa, eliminare con un gesto dittatore e lacché e riprendersi la sua dignità dà origine a opere d’arte forti, potenti, cariche di energia, che solo col passare dei decenni diverranno arte a sostegno del potere, formali, impaurite dalle purghe staliniane e dalla repressione, prive di ideali.
Nella visione Occidentale della Guerra Fredda, quindi, il Realismo Socialista è visto quasi sempre come espressione formale della dittatura ideologica del comunismo, ripetitiva, vuota di sostanza.
E, soprattutto, concreta, intrisa di anticlericalismo e di laicismo, in una prospettiva radicalmente scientifica in cui non esiste Dio o un qualunque dio, non vi è nessun aldilà, nessun paradiso o inferno, in cui la religione è solo strumento di oppressione e di potere.
Per cui non stupisce che generalmente il velo – o piuttosto la colata di cemento – del Realismo Sovietico abbia reso ai nostri occhi l’arte sovietico-socialista come totalmente legata alla terra, alla fabbrica, al qui e ora, all’immanenza terrena votata al miglioramento delle condizioni di vita, in questa vita, senza alcun riconoscimento a una inafferrabile trascendenza.
Il Cosmismo
Eppure le cose non stanno proprio così.
Nella Russia zarista prima e nell’Unione Sovietica poi – quindi contemporaeamente alle altre correnti – si delinea un movimento filosofico, culturale e artistico che sembra voler integrare in un’unica visione esoterismo, teismo e scientismo. Una visione che troverà il suo momento di maggior splendore grazie agli studi – prima teorici e poi pratici – sulla missilistica e sui viaggi nello spazio. È il Cosmismo.
Tra scienza e fede
Il punto di partenza filosofico del Cosmismo viene generalmente identificato nelle teorie di Nikolaj Fëdorov, pensatore e scrittore russo vissuto tra il 1823 e il 1903. In realtà, il Supermoralismo da lui delineato, le sue teorie e il suo vissuto quotidiano (sempre rasenti la follia e intrisi profondamente di problematiche psicanalitiche) sono stati identificati come pilastri fondamentali del Cosmismo soltanto a posteriori, attorno agli Anni ’70.
In estrema sintesi, Fëdorov – che influenzò e fu influenzato dalla conoscenza col padre della missilistica e della cosmonautica russa e mondiale, Konstantin Cholkovsky – mescolò la fede ortodossa e uno scientismo sfrenato (Dio non esiste, la scienza è il vero Dio che può risolvere e decidere tutto), con cui arrivò a sostenere che la scienza sarebbe stata in grado di ridare la vita ai morti, e che in futuro navi spaziali avrebbero solcato l’universo per raccogliere gli atomi dei morti al fine di ricostituirne i corpi. Non solo, ma questo processo di resurrezione generalizzata avrebbe comportato un grande sovraffollamento del nostro pianeta, per cui si sarebbe reso necessario colonizzare altri pianeti e galassie.
Un pensiero da Fëdorov stesso definito appunto Supermoralismo: il singolo non agisce né per sé né per altri ma, come un unico corpo, con l’intera collettività umana, per arrivare alla resurrezione di tutti.
Un progetto da brivido, visto con gli occhi di oggi, ma che porta già con sé l’idea stessa di un comunismo radicale e che infatti il comunismo farà suo, sostituendo all’Uomo Nuovo di Fëdorov il proletario socialista.
Ma per arrivare al Cosmismo, e in apparente contraddizione con la sua pretesa di fede assoluta nella scienza, bisogna aggiungere l’occultismo. Un elemento, quest’ultimo, che suona come una reazione molto umana alla cappa scientista ma che si giustifica nella visione appunto “magica” della scienza, in grado di dare vita a miracoli inspiegabili, di realizzare fenomeni di portata universale e al tempo stesso di legare insieme tutti gli elementi dell’universo stesso.
Malgrado l’ateismo di Stato, molte personalità russe e dirigenti del partito comunista russo sono stati e sono cosmisti, anche apertamente. Un modo, forse, per non rinnegare completamente le radici cristiane ortodosse.
Il Cosmismo, quindi, inteso come esaltazione della scienza come Dio, di possibilità di plasmare la Terra, di proiezione verso il cosmo dell’umanità e di sforzo comune, necessario e coordinato per realizzare questa proiezione avrà (ha) un impatto forte e duratura sull’arte e sulla comunicazione russa, in tutti i campi: letteratura, romanzi, saggi, libri di filosofia, poesie, teatro, pittura, cinematografia, pubblicità e manifesti.
Come scrive Michele Franceschelli: “il minimo comune denominatore delle diverse personalità del Cosmismo è dato dalla prospettiva cosmica entro la quale inseriscono la Terra e l’umanità”.
La Poesia Cosmista
È in questa temperie culturale attorno agli Anni ’20 che fanno sentire la loro voce i cosiddetti “poeti proletari”, inizialmente legati a due riviste letterarie, “La fucina” di Mosca e (non a caso) “Il cosmista” di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo). Un movimento dato per morto, se in alcune università si insegna che “(…) la generazione dei cosiddetti “poeti proletari” (da Kirillov a Bezymenskij a Artem Golodnyj), i cui testi oramai invecchiati e prevedibili non ebbero mai grande rilevanza nelle traduzioni italiane e oggi paiono definitivamente esclusi dalla grande linea della tradizione poetica nazionale se non come curioso reperto storico”.
ESEMPIO DI POESIA COSMISTA
Andrej Platonov – da “Čevengur”
Ehi, esci da qui! Visto che sei Dio perché ti mischi a noi?
L’uomo non cresce che attraverso l’amicizia per un altro ma lui
non cresce che grazie all’argilla, dunque si sente Dio.
Non di argilla, io mi nutro direttamente di terra.
Tutto sta nell’abituare lo stomaco.
Pensavo che saresti morto, ma sei vivo, e sotto gli occhi di tutti
pulisci la creta che ti si è fermata tra i denti.
Parlate di un impero!
Cosa, si credono Dio?
Sì. Voi vedete tutto con i vostri occhi, potete toccare con le
vostre mani, eppure non ci credete.
Mentre LUI, LO riconoscete, anche se non L’avete mai toccato.
È tempo che tu divenga Diavolo, basta essere Dio!
Io vivo, certamente, io vivo, sì, ma perché?
La musica si eleva e si invola…
È troppo bello per essere perso per sempre.
È bello e privo di senso.
La musica canta di una ragazza che ha trasformato la sua vita
in un incantesimo, rinunciando alla maternità.
Quante donne ho avuto…
Quando vedo una donna me ne sento attratto.
Non per possederla ma per difendere la debolezza femminile
oppressa.
Rosa Luxemburg, sì che è una donna!
Un’ebrea, no?
Io ti liquido con questa parola.
(…)
E sia, ma siamo della stessa sostanza io e la stella.
Bisogna realizzare sulla terra qualcosa di universale, di degno
di nota.
A che cosa somiglia l’uomo?
A qualcosa di più alto.
A un oceano libero.
A un albero fruttifero, c’è un disaccordo dei membri quando si
lascia un ramo.
Forse l’uomo somiglia più al cavallo.
Il cavallo ha un cuore nel petto e un volto nobile con gli occhi,
cosa che l’albero non ha.
L’uomo discende dal verme.
Il verme è un semplice, terribile tubo in cui non c’è nulla
nient’altro che tenebre vuote e putride.
Non sono che sciocchezze – noi abbiamo un sentimento molto
debole dell’intelligenza.
Ma l’uomo non è nulla! Guardate i pesci!
I pesci? Anch’essi in cerca della luce nuotano con gli occhi
spalancati.
Sono molto graziosi, ma dopo di loro non resta nulla, poiché
non lavorano!
Producono degli strumenti?
E l’uomo, che cos’ha?
L’uomo ha le macchine!
L’uomo è all’origine del meccanismo, mentre i pesci sono al
termine…
(…)
***
Velimir Chlebnikov
Poco, mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.
–
Per me è molto più piacevole
Guardare le stelle
Che firmare una condanna a morte.
Per me è molto più piacevole
Ascoltare la voce dei fiori,
Che sussurrano «È lui»
Chinando la testolina,
Quando attraverso il giardino,
Che vedere gli scuri fucili della guardia
Uccidere quelli
Che vogliono uccidere me.
Ecco perché io non sarò mai,
E poi mai, un Governante.
(fine)