I RACCONTI DI HANRAHAN IL ROSSO
William Butler Yeats
Hanrahan il Rosso
Hanrahan, il maestro della scuola all’aperto, un giovane alto, forte, dai capelli rossi, entrò nel granaio, dove sedevano alcuni uomini del villaggio la vigilia di Samhain. Era stato un’abitazione e, quando il proprietario ne aveva costruita una migliore, aveva unito le due camere, tenendolo come locale per ammassarvi provviste di ogni tipo.
C’era una fiamma nel vecchio focolare, e c’erano candele di sego conficcate nelle bottiglie, e c’era una bottiglia nera da un quarto su delle assi che erano state messe tra due barili per formare un tavolo.
La maggior parte degli uomini stava seduta vicino al fuoco, e uno di loro cantava una lunga cantilena su un uomo di Munster e un uomo di Connacht che litigavano sulle loro due regioni.
Hanrahan andò dal padrone di casa e gli disse: – Ho ricevuto il tuo messaggio -. Ma, detto questo si fermò, perché un vecchio montanaro che aveva una camicia e dei calzoni di flanella grezza, e che se ne stava seduto da solo vicino alla porta, lo guardava facendo girare un vecchio mazzo di carte tra le mani, e mormorava. – Non fategli caso – disse il padrone di casa -, è solo un forestiero venuto qui da poco, e gli abbiamo dato il benvenuto perché è la notte di Samhain, ma credo che sia un po’ fuori di testa. Mettetevi ad ascoltarlo e sentirete quello che va dicendo. Allora si misero in ascolto, e poterono sentire il vecchio che mormorava fra sé, girando le carte: – Picche e Quadri, Coraggio e Potere; Fiori e Cuori, Conoscenza e Piacere.
– Con questa specie di chiacchiere sta andando avanti da un’ora- disse il padrone di casa, e Hanrahan distolse gli occhi dal vecchio come se si annoiasse a guardarlo.
– Ho ricevuto il tuo messaggio – disse allora Hanrahan -. Si trova nel granaio con i suoi tre cugini primi di Kilchriest – ha detto il messaggero -, e con loro ci sono alcuni vicini.
– E’ mio cugino laggiù che vuole vederti – disse il padrone di casa, e chiamò un giovane vestito di panno di lana, che ascoltava la canzone, e disse: – E’ questo Hanrahan il Rosso, per il quale hai il messaggio.
– E’ un messaggio proprio gentile – disse il giovane -, perché viene dalla tua innamorata Mary Lavelle.
– E come mai avresti un suo messaggio, e cosa sai di lei?
– Per la verità non la conosco, ma ieri ero a Loughrea, e un suo vicino, con il quale ho dei rapporti, mi diceva che lei lo aveva pregato, se avesse incontrato al mercato qualcuno di queste parti, di farti sapere che le è morta la madre e, se tu hai ancora intenzione di unirti a lei, è disposta a mantenere la parola che ti ha dato.
– Andrò da lei, infatti – disse Hanrahan.
– E ti prega di non aspettare, perché, se non ha un uomo in casa prima della fine del mese, è probabile che quel pezzetto di terra verrà dato a un altro.
Quando Hanrahan sentì questo, si alzò dalla panca dove stava seduto.
– Infatti non aspetterò – disse, – c’è la luna piena, e se raggiungo Kilchriest questa notte, arriverò da lei domani, prima del tramonto.
Quando gli altri sentirono queste parole, cominciarono a ridere di lui perché aveva tanta fretta di andare dalla sua innamorata, e uno gli chiese se avrebbe lasciato la scuola nel vecchio forno della calce, dove impartiva ai bambini tanti buoni insegnamenti. Ma lui disse che i bambini sarebbero stati ben contenti di trovare quella mattina il posto vuoto e nessuno a tenerli a bada; e quanto alla scuola poteva rimetterla su in qualsiasi posto, avendo, come aveva, il suo piccolo calamaio appeso al collo con una catena, e il grosso Virgilio e il sillabario nella falda della giacca.
Alcuni lo invitarono a bere un bicchiere prima di andarsene, e un giovanotto lo prese per la giacca, e gli disse che non doveva lasciarli senza cantare la canzone che aveva composto in onore di Venere e di Mary Lavelle. Lui bevve un bicchiere di whisky, ma disse che non si sarebbe fermato, si voleva mettere in viaggio.
– C’è tempo, Rosso Hanrahan – disse il padrone di casa -. Avrai tutto il tempo di abbandonare i divertimenti dopo il matrimonio, e potrebbe passare molto tempo prima che ci si veda ancora.
– Non voglio fermarmi – disse Hanrahan -, la mia testa sarebbe continuamente per la strada, portandomi verso la donna che mi ha mandato a chiamare, che è sola e sta spiando il mio arrivo.
Alcuni gli si fecero intorno, insistendo che era stato una così piacevole compagnia, tutto canti, scherzi e buffonerie di ogni tipo, e che non doveva lasciarli prima che fosse passata la notte, ma lui rifiutò e se li tolse di torno, avviandosi alla porta. Ma, come mise il piede sulla soglia, lo strano vecchio si alzò, posò la propria mano, che era scarna e vizza come l’artiglio di un uccello, sulla mano di Hanrahan e disse: – Non è da Hanrahan, l’uomo dotto e il grande poeta, andarsene da una compagnia come questo, la notte di Samhain.
Fermati, dunque- disse – e fatti una mano con me; ecco qui un vecchio mazzo di carte che ha compiuto il suo dovere molte notti prima di questa e, vecchio com’è, molte ricchezze del mondo sono state vinte e perse su di lui.
Disse uno dei giovani: – Vecchio, non molte ricchezze del mondo si sono fermate presso di te – e guardò i piedi nudi del vecchio e risero tutti. Ma Hanrahan non rise, sedette con grande tranquillità senza una parola. A questo punto uno di loro disse:- Così ti fermerai con noi, dopotutto, Hanrahan -, e disse il vecchio: – Si fermerà, infatti; non mi avete sentito chiederglielo?
Allora tutti guardarono il vecchio come se volessero sapere di dove venisse. – E’ che vengo da lontano – disse -, attraverso la Francia sono venuto, attraverso la Spagna, lungo il lago Greine dalla sorgente nascosta, e nessuno mi ha mai negato nulla. E si fece poi silenzioso, nessuno osò interrogarlo e cominciarono a giocare. Sei uomini giocavano intorno al tavolo e gli altri li guardavano da dietro le spalle. Giocarono due o tre partite per niente, e poi il vecchio prese dalla tasca una monetina da quattro penny, sottile e levigata per l’uso, e invitò gli altri a puntare qualcosa. Tutti allora misero qualcosa sul tavolo, e per poco che fosse pareva molto, dal modo in cui passava dall’uno all’altro, dato che prima lo vinceva un uomo e poi il suo vicino. E a volte la fortuna girava le spalle a un tale che non aveva più niente da perdere, e allora l’uno o l’altro gli prestava qualcosa e lui glielo restituiva prendendolo dalla vincita, perché la buona e la cattiva sorte non si fermavano a lungo da nessuno. E una volta Hanrahan disse, come un uomo che parlasse in un sogno: – Per me è tempo di mettermi in cammino -, ma proprio allora gli venne una buona carta, e la giocò, e tutto il denaro prese ad andare da lui. E una volta pensò a Mary Lavelle, e sospirò; e quella volta la fortuna si allontanò da lui, e lui se la dimenticò di nuovo.
Ma la fortuna alla fine andò dal vecchio e rimase con lui: tutto quel che avevano finì nelle sue tasche, e lui iniziò a fare piccole risatine tra sé e a cantare ripetutamente, “Picche e Quadri, Coraggio e Potere”, e così via, come se fosse il verso di una canzone.
Dopo un po’, chiunque avesse guardato quegli uomini e avesse visto i loro corpi dondolare avanti e indietro – e il modo di tenere i loro occhi fissi sulle mani del vecchio – avrebbe creduto che fossero ubriachi e tutti i loro averi fossero puntati sulle carte; ma non era così, perché la bottiglia da un quarto non era stata aperta da quando era iniziato il gioco, e ancora era quasi piena, e tutta la puntata consisteva in qualche monetina da sei penny e qualche scellino e forse una manciata di spiccioli.
– Siete bravi a vincere e bravi a perdere – disse il vecchio , avete il gioco nel sangue -. Poi cominciò a mischiare e a confondere le carte con grande rapidità e abilita, finché alla fine non riuscirono a capire se erano proprio carte, ma si sarebbe potuto credere che facesse anelli di fuoco nell’aria come li farebbe un ragazzino roteando un bastoncino acceso; dopodiché sembrò loro che la camera fosse tutta al buio e non riuscirono a vedere altro che le sue mani e le carte.
E di colpo una lepre saltò fuori dalle mani del vecchio e nessuno capì se era stata una delle carte a prendere quella forma o se era stata creata dal nulla nel palmo delle sue mani, ma stava là che correva sul pavimento del granaio veloce come ogni lepre di questo mondo.
Alcuni guardavano la lepre, ma la maggior parte teneva gli occhi sul vecchio, e mentre lo guardavano un cane saltò fuori dalle sue mani, proprio come aveva fatto la lepre, e dopo di quello un altro cane e ancora un altro, finché ci fu tutta una muta al completo che inseguiva la lepre tutto intorno al granaio.
Adesso i giocatori erano tutti in piedi, con la schiena al tavolo, rattrappiti per evitare i cani, e quasi assordati dal rumore dei loro guaiti, ma per quanto fossero veloci i cani non riuscivano ad aver ragione della lepre, e quella continuava a girare fino a quando, finalmente, come se un colpo di vento spalancasse la porta, la lepre cambiò bruscamente direzione e scavalcò il tavolo dove gli uomini avevano giocato, uscì dalla porta e via di corsa nella notte e i cani oltre il tavolo e attraverso la porta, dietro a lei.
Allora il vecchio gridò: – Seguite i cani, seguite i cani, e sarà una grande caccia quella alla quale assisterete questa notte -, e uscì dietro di loro. Ma gli uomini, benché abituati ad andare a caccia delle lepri e pronti a ogni tipo di diversivo, avevano paura a uscire nella notte, e fu solo Hanrahan ad alzarsi e dire: – Li seguirò io, li seguirò io.
– Faresti meglio a fermarti qui, Hanrahan – disse il giovane che gli stava più vicino -, perché potresti andare incontro a qualche grave pericolo -. Ma Hanrahan disse: – Vedrò un gioco leale, vedrò un gioco leale -, e uscì dalla porta inciampando come un uomo che sogna, e la porta si richiuse dietro di lui non appena se ne fu andato.
Pensava di vedere il vecchio davanti a sé, e invece era solo la propria ombra che la luna piena proiettava sulla strada davanti a lui, ma poteva sentire i cani abbaiare dietro la lepre sui vasti campi verdi di Granagh; e li seguì a grande velocità, perché non c’era niente a fermarlo; e dopo un po’ arrivò a dei campi più piccoli che intorno avevano dei muretti di pietre sconnesse, e buttò giù le pietre quando li oltrepassò, senza fermarsi a rimetterle a posto; e costeggiò quel posto dove il fiume va sottoterra a Ballyle e poteva sentire i cani che lo precedevano verso la sorgente del fiume. Presto si accorse che correre gli era più difficile, perché era su per una china che stava andando, nuvole coprivano la luna e gli fu difficile vedere la strada, e una volta lasciò il sentiero per prendere una scorciatoia, ma il piede scivolò in un pantano e dovette ritornare sul sentiero. Da quanto tempo stava camminando non lo sapeva, o per quale via andasse, ma alla fine si trovò sulla nuda montagna, con niente se non la ruvida erica intorno a lui, e non poté sentire i cani né altro. Ma il loro grido cominciò ad arrivargli di nuovo, prima lontano e poi più vicino; quando gli fu vicinissimo, si sentì di colpo nell’aria, e il suono della caccia risuonò sopra la sua testa; poi si diresse verso nord finché non riuscì a sentire più nulla. – Questo non è leale disse -, questo non è leale -. E non poté andare più avanti, ma si sedette sull’erica dove si trovava, nel cuore dello Slieve Echtge, perché le forze lo avevano abbandonato per la durezza del lungo viaggio che aveva fatto.
Dopo un po’ si rese conto che c’era una porta vicino a lui, dalla quale filtrava una luce; si meravigliò che, essendogli così vicina, non l’avesse vista prima. Si alzò, e stanco com’era si diresse verso la porta, e sebbene di fuori fosse notte fu la luce del giorno che trovò all’interno. Immediatamente incontrò un uomo vecchio che stava raccogliendo timo estivo e gialli fiori di ireos, e sembrava che insieme a loro ci fossero tutti i soavi profumi dell’estate. E il vecchio disse: – Ce ne hai messo per venire da noi, Hanrahan, l’uomo dotto e grande poeta.
E con questo, lo portò in un enorme palazzo splendente, e tutte le cose grandiose delle quali Hanrahan aveva sentito parlare, e tutti i colori che aveva mai visto, stavano là dentro. All’estremità del palazzo c’era un posto elevato, e là su un alto seggio era seduta una donna, la più bella che il mondo avesse mai visto, con un lungo volto pallido e fiori intorno, ma aveva l’aspetto stanco di chi ha aspettato a lungo. E sul gradino sotto il suo seggio c’erano quattro vecchie grigie sedute, e una di loro teneva in grembo un grande calderone; e un’altra sulle ginocchia una grande pietra, che per quanto pesante le pareva leggera; e un’altra aveva una lunghissima lancia fatta di legno appuntito; e l’ultima aveva una spada che era senza fodero.
Hanrahan rimase a guardarle per molto tempo, ma nessuna gli rivolse una parola o lo guardò. Egli aveva in mente di chiedere chi fosse quella donna sul seggio, che somigliava a una regina, e che cosa stesse aspettando; ma per quanto avesse la lingua sciolta e non temesse nessuno, aveva paura adesso di parlare a una donna così bella, e in un posto così immenso. Allora pensò di chiedere cosa fossero le quattro cose che le quattro vecchie grigie tenevano come un grande tesoro, ma non gli riuscì di pensare le parole giuste per esprimersi.
Poi la prima vecchia si alzò, tenendo il calderone con le due mani, e disse: – Piacere -, e Hanrahan non disse parola. Poi si alzò la seconda vecchia con la pietra fra le mani, e disse: – Potere -; si alzò la terza vecchia con una lancia in mano, e disse: – Coraggio -; e si alzò l’ultima vecchia che teneva in mano la spada, e disse: – Conoscenza -. E ognuna, dopo aver parlato, rimase in attesa che Hanrahan la interrogasse, ma lui non disse nulla. Allora le quattro vecchie uscirono dalla porta, portando con loro i quattro tesori, e mentre uscivano una di loro disse: – Non ha da chiederci nessun desiderio -; e disse un’altra: – E’ debole, è debole -; e disse un’altra: – Ha paura -; e disse l’ultima: – Le sue facoltà lo hanno abbandonato -. E poi dissero tutte: – Echtge, figlia di Mano d’Argento, deve continuare a dormire. E’ un peccato, è un gran peccato.
Allora la donna che assomigliava a una regina emise un sospiro tristissimo, e sembrò a Hanrahan come se quel sospiro avesse il suono di ruscelli nascosti; e se il posto in cui si trovava fosse stato dieci volte più grande e più splendido di quel che era, non avrebbe potuto impedire al sonno di impadronirsi di lui; e barcollò come un ubriaco, sdraiandosi all’istante.
Quando Hanrahan si svegliò, il sole splendeva sul suo viso, ma c’era la candida brina sull’erba intorno a lui, e c’era il ghiaccio sulla sponda del ruscello vicino al quale giaceva, che corre attraverso Doire-caol e Drim-na-rod. Dalla forma delle colline e dallo splendore del lago Greine in lontananza, capì che si trovava su una delle colline dello Slieve Echtge, ma non sapeva come ci fosse arrivato; perché tutto quello che era successo nel granaio lo aveva abbandonato, e tutto del suo viaggio, tranne i piedi doloranti e la rigidità nelle ossa.
Un anno dopo, c’erano uomini del villaggio di Cappaghtagle seduti vicino al fuoco in una casa sul bordo della strada; Hanrahan il Rosso, che adesso era molto magro ed emaciato, e con i capelli lunghissimi e ispidi, si avvicinò alla mezzaporta e chiese il permesso di entrare a riposarsi; e loro gli diedero il benvenuto perché era la notte di Samhain. Sedette con loro, e quelli gli versarono un bicchiere di whisky da una bottiglia da un quarto; videro il piccolo calamaio che gli pendeva dal collo, capirono che era un erudito, e gli chiesero delle storie riguardo ai Greci.
Tirò fuori il Virgilio dalla grande tasca della giacca, ma la copertina era nerissima e gonfia per l’umidità, e quando l’aprì, la pagina era molto ingiallita, ma non se ne preoccupò molto perché la guardava come un uomo che non aveva mai imparato a leggere. Alcuni giovani che erano là cominciarono allora a ridere di lui, e a chiedergli perché portava un libro così pesante con sé dal momento che non era capace di leggerlo.
Sentire queste parole irritò Hanrahan; rimise il Virgilio in tasca e chiese se in mezzo a loro c’era un mazzo di carte. Quando tirarono fuori le carte le prese e cominciò a mescolarle; mentre le mescolava qualcosa sembrò venirgli in mente, posò le mani sul viso come uno che stia cercando di ricordare, e disse:- Sono mai stato qui prima, o dove sono stato in una notte come questa? -; poi all’improvviso si alzò e fece cadere le carte sul pavimento, e disse: – Chi fu a portarmi un messaggio da Mary Lavelle?
– Non ti abbiamo mai visto prima d’ora, e non abbiamo mai sentito parlare di Mary Lavelle – disse il padrone di casa -. E chi sarebbe – disse -, e di che stai parlando?
– Fu in questa stessa notte dell’anno scorso, mi trovavo in un granaio, c’erano dei giocatori di carte, sul tavolo c’era il denaro, e loro lo facevano passare qua e là dall’uno all’altro… io ebbi un messaggio, e me ne stavo andando a cercare la mia innamorata Mary Lavelle, che mi voleva -. Poi Hanrahan gridò con voce altissima: – Dove sono stato da allora? Dove sono stato per un anno intero?
– E’ difficile dire dove puoi essere stato in questo tempo – disse l’uomo più vecchio -, o in quale parte del mondo puoi aver viaggiato, e probabilmente conservi sui tuoi piedi la polvere di molte strade, perché ce ne sono molti che vanno in giro e dimenticano a questo modo – disse -, una volta che hanno ricevuto l’impronta.
– Questo è vero – disse un altro -. Conoscevo una donna che andò vagabondando così per la durata di sette anni; dopo tornò indietro e disse ai suoi amici che spesso si era accontentata di mangiare il cibo che veniva messo nel truogolo dei maiali. Adesso la cosa migliore per te è andare dal prete – disse -, e farti togliere tutto quello che ti può essere stato gettato addosso.
– E’ dalla mia innamorata che voglio andare, da Mary Lavelle – disse Hanrahan -, troppo a lungo ho aspettato, come faccio a sapere quello che le è successo nello spazio di un anno? Poi si preparò a uscire, ma gli dissero tutti che per lui sarebbe stato meglio fermarsi la notte e riprendere forza per il viaggio, e lui lo desiderava davvero, perché era molto debole; quando gli diedero del cibo lo mangiò come un uomo che non ha mai visto cibo prima, e uno di loro disse: – Mangia come se avesse calpestato l’erba riarsa -. Fu nella bianca luce del mattino che si mise in cammino, e il tempo per arrivare alla casa di Mary Lavelle gli sembrò lungo. Ma quando arrivò trovò la porta rotta, la paglia che veniva giù dal tetto, e non si vedeva anima viva. E quando chiese ai vicini cosa le fosse capitato, poterono soltanto dire che era stata messa fuori di casa, aveva sposato un manovale, ed erano andati a cercare lavoro a Londra o a Liverpool o in qualche altra grande città. E lui non seppe mai se lei avesse trovato un posto migliore o peggiore, ma ad ogni modo non la incontrò più né ebbe più sue notizie.